Dadaab è un complesso di campi profughi nel nord del Kenya: si trova nei pressi del confine con la Somalia ed è stato aperto nell’ormai lontano 1991 per accogliere il flusso di persone in fuga dalla guerra civile somala. Oggi i tre campi esistenti ospitano circa 218mila persone (dati Unhcr, l’Angenzia Onu che si occupa dei rifugiati, aggiornati al luglio 2020), ma a causa della carestia del 2011 la popolazione arrivò a superare le 330mila persone e richiese l’apertura di altri due campi poi chiusi.
Il campo profughi gigante
Dadaab è uno dei più grandi campi profughi del mondo, secondo alcuni addirittura il più grande. La situazione in Somalia non è certo normalizzata, la tensione è risalita negli ultimi mesi a causa del rinvio di due anni delle elezioni e dei rinnovati attacchi di Al Shabaab (gruppo terroristico di matrice islamica). Tuttavia, dal 2014 all’aprile 2021 sono circa 85mila i somali che hanno deciso di rientrare nel loro paese dal Kenya (32 in questi primi mesi dell’anno secondo Unhcr).
Il flusso di ritorno dei profughi
Di questo flusso di persone fa parte anche Saalem, una giovane somala madre di 4 figli che ha deciso di ritornare in Somalia nella speranza di un futuro migliore rispetto a quello che si prospetta restando nell’enorme campo profughi dove in condizioni precarie sono cresciute due generazioni di somali. Saalem ha preso coraggio e come tanti giovani del suo popolo è tornata nel paese d’origine per stabilirsi nell’insediamento di New Gobweyn, dove l’ong italiana Avsi le ha fornito aiuti di prima emergenza e soprattutto suo marito ha potuto ricevere supporto per le attività agricole con la speranza di migliorare la qualità di vita dell’intera famiglia e garantire un futuro migliore ai figli.
Avsi opera all’interno di un corridoio di circa 250 chilometri che va dal campo profughi di Dadaab – all’interno del quale l’ong è presente dal 2009 – fino alla città portuale di Kismayo, nella regione del Jubaland, in Somalia.
«La zona è un’oasi di relativa stabilità per la popolazione locale in una terra altrimenti battuta da scontri e violenza: è un’area abbastanza sicura, liberata dalla presenza di Al-Shabaab nel 2013 e poi gradualmente ripopolata» racconta Andrea Bianchessi, regional manager di Avsi.
Il riacutizzarsi degli scontri interni e gli attacchi terroristici hanno causato da aprile altri 257mila profughi interni – segnala l’Unhcr – che hanno portato il totale a 2,9 milioni nelle varie aree della Somalia, oltre ai quasi 670mila profughi nei paesi circostanti.