Flussi migratori. Colpa delle ong?

idi itaLe relazioni internazionali hanno sostanzialmente 3 attori: le OIG (organizzazioni internazionali governative come l’Unione Europea o le Nazioni Unite per intenderci), le OG (organizzazioni governative che sono gli Stati) e le ONG (organizzazioni non governative: da quelle con status consultivo presso l’ONU come Medici senza Frontiere sino a quella che sta nel nostro quartiere).

Le relazioni internazionali hanno sostanzialmente 3 attori: le OIG (organizzazioni internazionali governative come l’Unione Europea o le Nazioni Unite per intenderci), le OG (organizzazioni governative che sono gli Stati) e le ONG (organizzazioni non governative: da quelle con status consultivo presso l’ONU come Medici senza Frontiere sino a quella che sta nel nostro quartiere).

I rapporti tra questi 3 gruppi di attori sono spesso conflittuali. Gli Stati (armati, confinari e burocrati) hanno una visione del mondo e delle cose che sono agli antipodi delle ONG (nonviolente, transfrontaliere e senza orpelli burocratici). Di cosa si occupano quest’ultime? Sostanzialmente di 3 cose: pace, sviluppo e ambiente.

Per pace intendiamo “pace positiva” e quindi di supportare infrastrutture di dialogo come le Nazioni Unite o l’Unione Europea. Le stesse che i sovranisti vorrebbero demolire. Le ONG denunciano da tempo la neocolonizzazione e, quindi, l’appoggio condizionato che gli Stati danno ai dittatori in cambio di rapporti economici privilegiati. Inoltre condannano l’export di armamenti verso paesi poveri e/o il debito odioso che impoverisce i già poveri (contratto per acquistare le armi citate in precedenza).

Dal lato dello “sviluppo” le ONG lavorano nei sud per “aiutarli a casa loro”. Esse si complimentano solo con i paesi del nord Europa che promettono lo 0,7% del PIL in aiuto ai paesi poveri e danno l’1% mentre il sud Europa da decenni sfiora il caritatismo con percentuali che sono un terzo di ciò che ha sottoscritto.

Infine l’“ambiente”, patrimonio di tutti. Le ONG sono presenti e animano tutte le conferenze atte a far “prendere coscienza” agli Stati della necessità e dell’urgenza di adottare misure per rallentare i cambiamenti climatici al fine anche di prevenire flussi di “profughi ambientali” che fuggono da siccità prima impensabili. Come quella attuale del Corno d’Africa. La risposta degli Stati o è lenta o è di rifiuto totale, basti pensare a Trump che descrive i cambiamenti climatici come un’invenzione.

Concentrandoci soprattutto sul tema della “pace”, le ONG, nella storia più recente, hanno movimentato la società civile in due occasioni contro le scellerate decisioni guerrafondaie degli Stati.

Anno 2003. George W. Bush, post attacco torri gemelle, necessitò di un capro espiatorio. Non sapendo ove fosse Osama Bin Laden (leader di al-Qaeda che rivendicò l’attacco a New York) chiese la deposizione di Saddam Hussein: il nemico di sempre. Ufficialmente perchè sembrò dotarsi di “armi di distruzione di massa” (timori poi rivelatisi infondati) ma economicamente per il petrolio e psicologicamente perchè v’era, e v’è tutt’ora, un complesso d’inferiorità in famiglia Bush. Del figlio nei confronti del padre, reo di non aver eliminato Saddam Hussein – per chiari motivi geopolitici – durante la prima guerra del golfo (2 agosto 1990).

Le ONG crearono grandi mobilitazioni transnazionali sia contro la prima che la seconda guerra del golfo. Ricordiamo, in Italia, “una bandiera della pace per ogni balcone”. La società civile organizzata non potè nulla davanti allo strapotere degli Stati. E guerra fu.

Il disastro di George junior portò alla guerra civile tra sciiti e sunniti. Conflitto che s’è esteso, a macchia d’olio, nel mondo arabo e che s’intrecciò con la “fallita” primavera araba ove i giovani protestavano e le oligarchie non si schiodavano o occupavano. Insomma, l’impiccagione di Saddam Hussein aprì il grande flusso di migranti dal Medio Oriente verso l’Europa. Soprattutto via terra.

Le ONG registrarono l’ennesima sconfitta. Le OG (gli Stati in guerra) non dettero loro credito e a nulla valsero le scuse postume di Tony Blair che confessò di aver ingenuamente creduto alle false prove di armi distruzione di massa e di essersi infilato in una guerra che creò più problemi che soluzioni.

2011. La “primavera araba” attraversa anche la Libia. V’è resistenza dell’oligarchia capeggiata da Mu’ammar Gheddafi che si serve anche dei Tuareg su cammelli per disperdere le folle. Anche qui sono state create delle prove ad hoc su presunti stupri compiuti dalle forze dell’ordine sulle manifestanti (mai evidenziati dalle ONG Amnesty International e Human Rights Watch). Tra i motivi emersi dalle carte di WikiLeaks v’era invece la volontà di sostituire l’ENI con la Total francese tant’è che Romano Prodi parlò di “guerre total” voluta da Nicolas Sarkozy. Inutile dire che le ONG dimostrarono contro quest’ennesima follia. I droni del premio Nobel per la pace Obama individuarono il convoglio con il Raìs Gheddafi e i francesi lo bombardarono. I ribelli lo uccisero. Ciò aprì il grande flusso di migranti africani verso l’Europa via Italia, già peraltro minacciato dal Raìs. L’Italia, contro ogni logica, partecipò alle operazioni militari (sia prestando basi aeree che sorvolando cieli libici).

Scattata questa doppia foto (2003 e 2011) mi sembra alquanto azzardata l’affermazione che i flussi di migranti sono favoriti dalle ONG. Quest’ultime (al netto di ONG fasulle nate negli ultimi anni tra la criminalità organizzata e riconosciute da amministrazioni complici al solo scopo di far business) cercano di salvare qualche vita umana. Via terra e via mare.

Fonte: http://www.unimondo.org/Notizie/Flussi-migratori.-Colpa-delle-ong-167728 01.08.2017

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