Nel 1964 in Germania occidentale si festeggia l’arrivo di Armando Rodriguez de Sà. Chi è costui? Un calciatore brasiliano? Un attore di Hollywood? Un ricchissimo imprenditore? Un capo di Stato? Un potente ambasciatore? Niente di tutto questo: è il milionesimo lavoratore straniero giunto nel Paese.
Nel 1964 in Germania occidentale si festeggia l’arrivo di Armando Rodriguez de Sà. Chi è costui? Un calciatore brasiliano? Un attore di Hollywood? Un ricchissimo imprenditore? Un capo di Stato? Un potente ambasciatore? Niente di tutto questo: è il milionesimo lavoratore straniero giunto nel Paese. Come premio ha in dono una motocicletta. Qualche tempo dopo il ministro del lavoro Theodor Blank ringrazia ufficialmente quei lavoratori. “Scrive in tono commosso delle difficoltà che incontra chi emigra in un paese straniero. Esalta gli sforzi di chi fornisce loro servizi nella lingua di origine. Invita i lavoratori stranieri, che formalmente sono lavoratori temporanei, a prolungare la propria permanenza. Sottolinea con orgoglio come essi abbiano accesso al welfare alle stesse condizioni dei nativi. E praticamente si scusa perché molti di loro incontrano difficoltà nel farsi raggiungere dalle loro famiglie”.
Immaginate un politico di qualsiasi colore che oggi dicesse ai migranti: “Grazie di essere venuti, trattenetevi qui, abbiamo bisogno di voi, vogliamo che vi troviate bene perché avete i nostri stessi diritti; anzi stiamo aspettando volentieri le vostre famiglie!”. Ecco, verrebbe linciato.
Questa storia vera si ritrova nel libro del professor Giuseppe Sciortino, ordinario di “Sociologia del mutamento” e già direttore del Dipartimento di sociologia dell’università di Trento, intitolato “Rebus immigrazione”, uscito nell’aprile di quest’anno. Questo libretto, di agili dimensioni, è la migliore lettura per ricordare la giornata mondiale del rifugiato da poco celebrata. Sciortino fornisce una miriade di spunti (storici, economici, giuridici, politici), quasi sempre poco conosciuti o ritenuti “minori”, ma che invece descrivono con vivacità e rigore un quadro complesso e soprattutto mutato nel tempo. Per capire il presente occorre conoscere la storia.
Con pochi accenni si delineano i cambiamenti avvenuti in Europa nella percezione di quelli che oggi chiamiamo “migranti”. Paradossalmente nel Medioevo ci si poteva muovere più liberamente: non c’erano passaporti, guardie che controllavano i confini (sarebbe stato impossibile farlo), non c’erano carte bollate e burocrazie di sorta. Anzi i governanti erano contenti dell’afflusso di persone. La crescita demografica era sinonimo di ricchezza, potenza, prosperità. E poteva anche ingrossare le fila dell’esercito.
Cosa è cambiato poi? Sciortino si sofferma sulla nascita degli stati nazionali e sui conflitti intra cristiani di stampo confessionale: proprio in questo periodo sorge il concetto di “rifugiato” applicato per la prima volta agli ugonotti, la minoranza calvinista francese perseguitata. Nel 1685 veniva revocato l’editto di Nantes che un secolo prima forniva garanzie di sicurezza ai protestanti: al suo posto l’editto di Fontainebleau, un provvedimento persecutorio e violento che proibiva ogni culto non cattolico ma che pure impediva la fuga o l’emigrazione. O la conversione o la morte. Ovviamente ci fu un esodo di ugonotti, aiutati da associazioni umanitarie che oggi qualcuno direbbe complici della tratta di esseri umani: questi primi “rifugiati” trovarono protezione negli altri Paesi europei ostili alla Francia, come l’elettorato del Brandeburgo che addirittura prometteva incentivi a chi avesse voluto trasferirsi nel suo territorio.
Naturalmente non si trattava di sensibilità umanitaria, ma di un calcolo economico basato sul possibile sviluppo dei commerci, sulla colonizzazione di nuove terre (per esempio in Prussia orientale). Sette anni dopo, divenuto re, Federico Guglielmo, cambiò idea: i risultati sperati di quell’afflusso di rifugiati non arrivarono e il re decretò che la Prussia aveva già fatto abbastanza, che gli altri Stati dovevano farsi carico del problema e che il Paese non ce la faceva più ad accogliere. Sono passati più di 300 anni e sentiamo gridare le stesse parole.
Giungendo alla contemporaneità, Sciortino ci guida nei paradossi del rebus immigrazione. Esiste un diritto universale di poter “uscire” dal proprio luogo di nascita; all’opposto ogni Stato ha il diritto di determinare i requisiti di chi può entrare nel proprio territorio. Molti Paesi hanno deciso di aderire alle varie convenzioni internazionali che garantiscono rifugio e protezione a quanti fuggono da guerre o persecuzioni. Le norme si moltiplicano a livello dell’Unione Europea che, con gli accordi di Schengen e di Dublino, sebbene perfettamente in linea con la tutela di diritti umani, ha finito per creare quello che Sciortino chiama un “mostro gentile”, inadeguato per i problemi odierni.
Per il professore i governi sono sempre in torto: “Se fanno accordi con i governi degli Stati da cui partono i natanti, sono accusati di sottrarsi ai propri obblighi umanitari e di coprire di soldi e riconoscimento internazionale dittature piuttosto ripugnanti. Se non pattugliano le acque del Mediterraneo si rendono responsabili di migliaia di morti. Se lo fanno riportando [quanti vogliono entrare] nel paese… da cui provengono sono (giustamente) condannati dalla Corte europea. (…) Se li salvano portandoli nelle proprie acque territoriali… vengono accusati di favorire l’immigrazione”.
Il groviglio non è impossibile da risolvere. Scartata – ma non c’era da dubitare – l’ipotesi populista e irreale del “cacciamoli tutti”, Sciortino propone alcune istanze che potremmo definire di “buon senso”: superare la fase emergenziale, essere consapevoli di aver bisogno di migranti e che il flusso continuerà, creare vie legali di accesso, migliorare l’organizzazione, far diventare cittadini le persone nate e vissute in Italia.
Questi suggerimenti forse non tengono abbastanza in conto il clima politico che si respira in Italia. Non basta battersi per soluzioni “razionali”, già attuate altrove, sicuramente adatte a un contesto meno litigioso del nostro. Abbiamo visto quello che succede in Parlamento per lo ius soli. Una norma sacrosanta, minimale, ma pure osteggiata in maniera rabbiosa. Occorre cambiare mentalità. Il libro di Sciortino è un ottimo aiuto per aprire la mente. Affinché ciascuno poi prenda posizione.
Articolo parzialmente pubblicato sul “Trentino”
Fonte: http://www.unimondo.org/Notizie/Gestione-delle-migrazioni-un-rebus-risolvibile-166891 28.06.2017