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CESVI – ISPI. Migranti: la sfida dell’integrazione

Se la mobilità umana è un diritto inalienabile di ciascun individuo, è pur vero che le persone non
devono essere costrette a migrare: lavorare per lo sviluppo nei Paesi di origine, transito e interessati
dalla migrazione sud-sud, in particolare dell’Africa, da cui proviene un’ampia parte del
flusso migratorio, è quindi fondamentale, al fine di creare condizioni che incoraggino la sicurezza
alimentare, lo sviluppo sostenibile e la resilienza, coinvolgendo la comunità, la società civile e il
privato, e affrontando le complessità legate ai cambiamenti climatici.
Al diritto alla mobilità umana si affianca il diritto di ciascuno Stato sovrano a regolare i flussi
migratori che attraversano i propri confini. Trovare un equilibrio sostenibile tra questi diritti è
una sfida per tutti: quello che è certo, comunque, è che ogni Paese dovrebbe ambire a “governare”
i processi migratori e non semplicemente subirli.
Mentre continuano a susseguirsi le notizie sugli sbarchi, anche se a un ritmo meno sostenuto
rispetto al recente passato, è giusto fermarsi e riflettere. Dallo scorso anno gli sbarchi in Italia
sono diminuiti di oltre l’80%, ma negli ultimi cinque anni il numero di rifugiati e altri beneficiari
di protezione internazionale è aumentato di 180.000 persone, e ci sono ancora circa 130.000 richiedenti
asilo in attesa. In più, molte delle persone che si vedono opporre un diniego alla richiesta
d’asilo non potranno essere rimpatriate e resteranno in Italia.
È opportuno quindi chiedersi: esiste una distanza d’integrazione tra i neo arrivati e gli stranieri
presenti da tempo in Italia? Conviene investire nell’integrazione di chi è sbarcato in Italia negli
ultimi anni? E se sì, con quali risorse?
Con questo paper congiunto, ISPI e Cesvi vogliono suggerire una strada. Che non è certo l’unica,
ma che apre nuovi scenari e nuove possibilità.
Buona lettura,

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