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Regolarizzare i braccianti è una questione di dignità

Il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova è più che mai determinata nell’introdurre un permesso di soggiorno per sei mesi, rinnovabile, per le oltre 600 mila persone che lavorano “in nero” nel settore agricolo. Al di là delle polemiche politiche la proposta ha già ricevuto la benedizione di Papa Francesco. Mediterranean Hope: “ E’ un dovere sociale ma anche un vantaggio per gli italiani in termini di sicurezza sanitaria”

Un permesso di soggiorno temporaneo per sei mesi, rinnovabile per altri sei destinato alle 600 mila persone che prestano le loro braccia all’agricoltura e che sono stati spesso ignorati dalle istituzioni, nonostante le ripetute richieste da parte del mondo del Terzo Settore. Una questione fondamentale che il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha finalmente sollevato e che vuole tradurre già entro maggio in un quadro normativo.

«Non si tratta di una battaglia strumentale per il consenso. Queste persone non votano. Se non passa, sarà un motivo di riflessione sulla mia permanenza al governo. Non sono qui per fare tappezzeria» ha tuonato il ministro.

E al di là delle polemiche sterili la “regolarizzazione” dei braccianti extracomunitari ha già ricevuto la benedizione di Papa Francesco: «Ho ricevuto diversi messaggi riferiti al mondo del lavoro e ai suoi problemi. In particolare, mi ha colpito quello dei braccianti agricoli, tra cui molti immigrati, che lavorano nelle campagne italiane. Purtroppo tante volte vengono duramente sfruttati. È vero che c’è crisi per tutti, ma la dignità delle persone va sempre rispettata. Perciò accolgo l’appello di questi lavoratori e di tutti i lavoratori sfruttati e invito a fare della crisi l’occasione per rimettere al centro la dignità della persona e del lavoro», ha detto il Pontefice nel corso dell’udienza generale del mercoledì dopo l’appello che aveva già lanciato l’1 maggio, in occasione della Festa dei lavoratori.

Un convinto apprezzamento dell’ipotesi di un’ampia regolarizzazione è stato espresso da Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti delle Federazioni delle Chiese evangeliche in Italia più che mai attivo nei principali luoghi di approdo dei migranti in Sicilia, ma anche nella piana di Gioia Tauro.

«Gli imprenditori agricoli lamentano da anni una carenza di manodopera, aggravata dall’emergenza Covid 19. Ed oggi interi settori della nostra economia primaria rischiano il collasso, e non per il virus ma per l’inerzia politica di chi da anni ha negato una semplice verità: l’agricoltura italiana si regge sul lavoro degli immigrati che, in un paese civile, devono avere gli stessi diritti dei nazionali. Insieme a una polemica ideologica e strumentale contro il lavoro degli immigrati, questa inerzia ha creato sacche di irregolarità, ha prodotto fenomeni sconcertanti come i “ghetti” e ulteriormente inquinato una filiera produttiva in cui si infiltra la criminalità organizzata. La regolarizzazione è quindi un necessario dovere sociale ma anche un vantaggio per gli italiani in termini di sicurezza sanitaria, ordine pubblico, trasparenza del mercato agricolo»,ha aggiunto Naso.

Mediterranean Hope ha sperimentato in quest’ambito una campagna denominata “Etika” che ha favorito la commercializzazione di arance certificate sia biologicamente che “eticamente”, vale e dire prodotte da aziende che assumono i loro dipendenti, italiani o immigrati, con regolare contratto di lavoro e nel rispetto delle norme e dei tempi previsti dagli accordi nazionali di categoria.

Fonte: vita.it

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