Perseguitato in Camerun perché omosessuale, ottiene lo status di rifugiato

Messina – Perseguitato in Camerun perché omosessuale, ottiene lo status di rifugiato.

Il Tribunale di Messina ha riconosciuto la protezione internazionale ad un ventiseienne, richiedente asilo, proveniente dal Camerun, dove era perseguitato a causa della sua omosessualità, per “il fondato timore di persecuzione personale e diretta nel paese d’origine”.

Il provvedimento è della sezione specializzata in materia di immigrazione ed è stata adottata dal collegio presieduto da Caterina Mangano, che ha accolto il ricorso dell’avvocato Carmelo Picciotto, difensore del ragazzo, dopo la bocciatura, nel febbraio 2018, dalla Commissione Territoriale di Palermo.

Il provvedimento del Tribunale di Messina arriva dopo una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione a sezioni unite che chiarisce alcuni aspetti procedurali, “allargando” lo spettro di coloro i quali possano ottenere la protezione internazionale.

La sentenza messinese farà perciò da apri pista per agevolare altre richieste, prima negate. Il ventiseienne è scappato per sfuggire alle persecuzioni ed alle vessazioni subite, poiché il suo paese d’origine non accetta l’omosessualità, considerandola reato.

Cresciuto in un piccolo villaggio del Camerun, aveva negato le prime pulsioni verso il suo stesso sesso, fidanzandosi ancora adolescente con una ragazzina, alla quale però poi decise di rivelare le sue preferenze. Lei lo raccontò ad un’amica, la voce si sparse e fu invitato dal preside a lasciare la scuola per evitare il linciaggio. Ma era solo l’inizio, il ragazzo una volta all’università si innamorò di un altro studente con il quale intrecciò una relazione. Una sera mentre lo accompagnava al mototaxi, il compagno lo baciò, il conducente vide il bacio e iniziò ad insultarli, in poco tempo si formò un capannello di persone che li bastonava. L’intervento della polizia evitò il peggio ma in Camerun l’omosessualità è reato, pertanto fu condannato a due anni di reclusione.

Uscì dal carcere grazie all’intervento di un avvocato donna che opera per la difesa dei diritti LGBT. Fuori dal carcere lo aspettava la madre per riportarlo a casa, ma i vicini minacciano di incendiare la casa se non fosse andato via, così scappò a bordo di un barcone partito dalla Libia e raggiunse un centro messinese. Solo dopo apprese che la sua casa era stata bruciata e che sua madre fosse morta nell’incendio.

Fonte: 98zero

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