In una calda serata estiva di luglio, quando il clima vacanziero suggerirebbe forse di occuparsi di contenuti più frivoli, a Villa Minozzo si è parlato di migrazione.
In una calda serata estiva di luglio, quando il clima vacanziero suggerirebbe forse di occuparsi di contenuti più frivoli, a Villa Minozzo si è parlato di migrazione.
Organizzato dal locale centro d’ascolto Caritas e dall’unità pastorale “Madonna delle fonti”, l’incontro, intitolato “Racconti di migrazione”, ha radunato sul sagrato della chiesa parecchie persone, di tutte le età: un pubblico attento e curioso che forse voleva ricordare il passato, che forse cercava risposte. E, in questa serata estiva un po’ alternativa, le risposte hanno cominciato a dipanarsi attraverso racconti.
Emilio Pigozzi (87 anni, di Villa Minozzo, residente a Fidenza) ha cominciato a raccontare della sua esperienza in Australia, del gruppo dei partiti insieme a lui, dei saluti rumorosi dei compaesani, dei baci pungenti per via delle barbe non fatte, del viaggio in mare che lo mise sottosopra, del Canale di Suez a senso unico alternato, del Mar Rosso, dell’onda dell’Oceano Indiano, del lavoro del taglio della legna, degli altri lavoratori estoni, polacchi, lituani, della fila per comprare il biglietto al cinema, di un omicidio compiuto da un altro italiano, di un lavoro fatto dagli italiani impiegando un terzo del tempo utilizzato dai francesi per lo stesso lavoro.
Nora (51 anni, arrivata da Prignano) ha raccontato del suo viaggio dalla Tunisia all’Italia dopo la morte della madre, dei tanti fratelli e sorelle piccoli, del lavoro in Sicilia, dei soldi tutti spediti a casa, dei lavoretti saltuari per mantenersi, della malattia del marito, della decisione di salire al nord, di Prignano sulla Secchia e dei prignanesi, del dottor Fantini, delle difficoltà per i documenti, del figlio, della solidarietà ricevuta, del volo che ha riportato a casa la salma del marito.
Ernando Coloretti (79 anni, di Villa Minozzo) ha raccontato della sua esperienza di lavoro in Svizzera, delle pratiche burocratiche, del rumore dei motori da collaudare, del banco di prova, delle schede da compilare, dei diagrammi, degli sguardi sprezzanti, del referendum per rimandare a casa gli stranieri, dello svizzero-tedesco difficile da imparare, dell’episodio delle chiavi dimenticate, delle scuse ricevute, dello stereotipo dell’italiano ladro.
Emmanuel, giovanissimo, arrivato da Casina, ha raccontato (con l’aiuto di Chiara che ha tradotto dall’inglese) del suo viaggio dalla Nigeria in Italia, della povertà del suo paese, della sua riconoscenza verso gli Italiani. Davide ha raccontato del suo impegno come volontario per insegnare l’italiano agli stranieri, dell’amicizia, dell’uguaglianza, del suo orizzonte improvvisamente ed enormemente ampliato, di questi ultimi suoi due anni con un appuntamento settimanale fisso. Sofia ha ripreso e ampliato il suo racconto. Anche lei è una volontaria e, a Reggio, insegna la nostra lingua agli immigrati.
Sabato 8 luglio, in uno spiazzo incastonato al centro del paese, questi racconti (in cui si sono mescolati lo svizzero-tedesco, l’italiano, l’inglese e il dialetto di Villa) hanno dato concretezza ad alcune storie di migrazione. Nessun esperto è salito in cattedra, nessun analista, nessun opinionista. Solo: una sera per ascoltare storie di migrazione. E queste storie, diventando concrete, sono diventate umane.
Fonte: Redacon