Una esemplare inchiesta giornalistica pubblicata su Avvenire da Nello Scavo ha toccato il nervo scoperto della politica mediterranea in cui si sono imprigionati sia i governi italiani che l’Unione europea. Proprio per questo è calato un velo di imbarazzata reticenza sulle rivelazioni del quotidiano cattolico: la partecipazione di un boss accusato dall’Onu di crimini contro i migranti, Abd al-Rahman al-Milad, detto Bija, a un viaggio di aggiornamento sul modello di accoglienza italiano nel maggio 2017, comprova un’evidenza di fronte a cui le nostre classi dirigenti sfuggono. E cioè il fatto che l’esternalizzazione con delega ai paesi di transito del controllo sul flusso dei migranti, prevede l’implicita accettazione di metodi disumani che calpestano il diritto internazionale. Questo vale per l’Italia con la Libia, così come vale per l’Ue con la Turchia.
Nel caso specifico, abbiamo assistito a un imbarazzante rimpallo di responsabilità attraverso note ufficiose del Viminale. Si è attribuita l’iniziativa di quel viaggio all’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), che da Ginevra precisava di avere svolto solo una funzione logistica. Si è affermato che Bija aveva fornito false generalità, nella sua veste di capo della Guardia costiera del porto di Zawyah, salvo poi essere smentiti. Ancor più grottesca l’affermazione che agli incontri svolti nel Cara di Mineo e alla sede nazionale della Guardia costiera non avrebbero partecipato funzionari del ministero dell’interno. C’erano eccome, come dimostrato anche da prove fotografiche.
La verità è che il Memorandum italo-libico – sottoscritto il 2 febbraio 2017 da Marco Minniti –, il successivo incontro del nostro ministro con i capitribù del Fezzan e la fornitura di quattro motovedette, non potevano non implicare il coinvolgimento di personaggi senza scrupoli che lucrano sul traffico dei migranti e li riducono in schiavitù nei campi di detenzione. I nostri governanti potevano fingere di non saperlo, per convenienza, ma solo in totale malafede.
Nel libro dedicato a quella esperienza, Minniti cita le parole a lui rivolte da un capotribù durante la sua visita nel Fezzan: «Potete aiutarci a fare in modo che i nostri figli per vivere non debbano più organizzare il traffico?». Una richiesta che suona come un’ammissione. Stavano stringendo consapevolmente accordi con uomini senza scrupoli.
Di per sé non scandalizza che i servizi segreti, per necessità, incontrino anche dei criminali. Succede, da che mondo è mondo. Ma nel caso del flusso migratorio, è moralmente inaccettabile, oltre che inefficace, instaurare un accordo con chi pratica violenza disumana a danno di persone innocenti. Sapendo per giunta di arricchire gentaglia esosa in grado di ricattarci.
Su più larga scala, ciò è avvenuto anche con Erdogan. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.