Migrazioni, l’Europa ora guarda al Marocco

Il paese nordafricano è tornato ad essere un partner privilegiato nella logica di controllo e contenimento delle migrazioni che modella le politiche europee verso l’Africa. Mantenere buoni rapporti con Rabat interessa in particolare alla Spagna, dove il numero degli arrivi di migranti irregolari è quasi raddoppiato rispetto al 2017.
di Federica Ferrero

Si è concluso il 9 ottobre scorso, a Lione, in Francia, il G6 Interni, riunione tra i ministri degli Interni (o delegati) di Spagna, Italia, Polonia, Francia, Regno Unito e Germania, a cui, tra gli altri, è stato invitato anche l’omologo marocchino, Abdelauafi Laftit. Invito strategico, se si considera che il tema delle migrazioni era centrale sul tavolo delle discussioni e che il Marocco è méta di partenza dei flussi migratori diretti in Spagna, primo paese in Europa per numero totale di arrivi nel 2018: 45.371 secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).

Nonostante il calo generale degli spostamenti irregolari nell’area mediterranea (172.301 arrivi in Italia, Spagna, Grecia e Cipro nel 2017, contro i 91.244 nel 2018), i dati dell’UNHCR evidenziano infatti una rinnovata vivacità del fenomeno migratorio nel Mediterraneo occidentale. Questa tendenza, già in atto dalla metà del 2017, si è decisamente consolidata nel corso di quest’anno, a causa della progressiva instabilità che sta affliggendo il Mediterraneo centrale.

Italia in calo, cresce la Spagna

I decreti Minniti-Orlando dell’aprile 2017 e il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri dell’attuale governo Lega/Cinque Stelle all’inizio di ottobre, insieme all’aberrante politica dei porti chiusi adottata non solo dall’Italia, hanno reso sempre più difficile spostarsi irregolarmente verso l’Italia. Gli approdi nella penisola infatti, che alla fine del 2017 ammontavano a 119.369, sono diminuiti vertiginosamente a partire dalla metà del 2017, fino ad arrivare al totale di 21.263 registrato ad oggi.

Il numero di arrivi in Spagna, invece, è quasi raddoppiato rispetto al totale di 28.349 registrato alla fine del 2017. Gli ingressi via mare sono circa 40 mila, di cui 725 nelle isole Canarie. Quelli via terra, invece, sono circa 5 mila: il 90% transita dall’enclave di sovranità spagnola di Melilla, nella regione marocchina del Rif, il restante 10% dall’enclave di Ceuta, a pochi chilometri dalle città di Tetuán e Tangeri.

Coloro che emigrano in Spagna sono principalmente guineani, maliani e marocchini. Questi ultimi costituiscono il terzo gruppo nazionale per emigranti: 5.612 nel 2018 (dati di agosto), con un incremento notevole rispetto al 2016 (963). Tuttavia, è bene ricordare che il Marocco è anche uno dei principali punti di transito o di arrivo dei progetti migratori di donne e uomini provenienti da altri paesi africani ed asiatici.
I rifugiati nel paese, secondo il report del 2017 dell’UNHCR, sono 4.770, provenienti da 47 paesi differenti, in maggioranza (63%) siriani. Le richieste di asilo, tuttavia, sono diminuite del 20% dal 2016, per un totale di 3.120 (2017).

Rabat acquista potere 

Il Marocco è dunque un partner privilegiato nella logica di controllo e contenimento delle migrazioni che modella le politiche europee verso l’Africa, soprattutto quelle spagnole. Nel 2017, infatti, la polizia marocchina bloccò circa 64 mila tentativi di immigrazione irregolare diretta in Spagna, il doppio rispetto al 2016, e le stime calcolano che il trend non si incrinerà nel corso del 2018. Tuttavia, da più di un anno Rabat chiede all’Europa un incremento dei finanziamenti e dei mezzi per fronteggiare l’aumento dei flussi, trovando nella Spagna un interlocutore comprensivo.
Madrid non perde occasione per confermare le istanze marocchine, come dimostrano le richieste di incremento degli aiuti economici al Marocco fatte dal ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska, ai partner del G6.

Se da un lato la politica migratoria marocchina può essere letta come un tentativo per aumentare il potere contrattuale dello stato africano nei rapporti con l’Europa, dall’altro lato la politica spagnola dimostra la volontà di mantenere buoni i rapporti di vicinato con Rabat, “rubinetto” dei flussi migratori verso la penisola iberica.

Costi in vite umane

Tuttavia, questa convergenza di interessi tra le due sponde del Mediterraneo occidentale, ha già mietuto le prime vittime. Le stime dell’UNHCR parlano di 1.772 persone morte o disperse nel Mediterraneo dall’inizio del 2018, 1.246 solo nel Mediterraneo centrale. Sulla rotta Marocco-Spagna non sono ancora disponibili dati precisi, ma si stima che siano morte più di 300 persone dall’inizio del 2018.
Risale a pochi giorni fa (1 ottobre) la notizia del naufragio di una patera al largo delle coste di Nador che costò la vita a 34 persone. Pochi giorni prima (il 25 settembre) moriva la giovane Hayat Belkacem, studentessa marocchina di Tetuán, uccisa a colpi di arma da fuoco dalla marina militare marocchina mentre tentava, insieme ad altri compagni, di raggiungere la Spagna. L’ultimo episodio è avvenuto solo due giorni fa, quando una pattuglia della marina militare ha nuovamente sparato su un’imbarcazione carica di migranti ferendo un ragazzino di sedici anni.

Fonte: nigrizia.it

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