idi itaIntervista con Benjamin Stora, a cura di Jean-Baptiste François

Intervista con Benjamin Stora, a cura di Jean-Baptiste François
in "La Croix" del 15 dicembre 2014 (traduzione: www.finesettimana.org)
Lo storico Benjamin Stora (1), a capo della Cité nationale de l'histoire de l'immigration
questo autunno, sottolinea il motivo per cui è necessario rendere omaggio alla diversità della popolazione in
Francia.

Qual è l'importanza di inaugurare il Museo di Storia dell'Immigrazione, visto che esiste da sette anni?
C'è un senso profondo nel farlo, perché le cose devono essere nominate perché prendono forma. Questo luogo, per essere veramente parte del paesaggio nazionale, deve essere riconosciuto dallo Stato. Non è solo un gesto simbolico. È un gesto eminentemente politico, perché afferma ufficialmente l'esistenza di una storia della Francia lasciata in eredità da diverse migrazioni. Spero, inoltre, che la visita del Presidente della Repubblica sia l'occasione per aumentare il budget di questa istituzione che, senza mezzi significativi, non potrà trarre vantaggio dalla situazione attuale, relegata in secondo piano.

In che modo l'immigrazione ha contribuito alla costruzione della Francia?
Questa domanda viene sempre messa in secondo piano quando ci si accorge degli scandali elettorali. Il ruolo della storia è quello di collocare le cose nel tempo. L'immigrazione è un processo antico, che si è accelerato nel XX secolo con la rivoluzione industriale e le due guerre mondiali. Dopo gli anni 39-45, gli immigrati hanno partecipato agli sforzi della ricostruzione, poi allo sviluppo delle Tre Glorie (ndr: i 30 anni di boom economico). Sul fronte demografico, il contributo dell'immigrazione è stato - e rimane - essenziale, in risposta al calo della popolazione europea. Il tasso di natalità francese, con due figli per donna, è certamente più forte di quello tedesco, ma non è sufficiente per fare a meno della manodopera straniera. Infatti, senza l'immigrazione, la Francia non avrebbe avuto l'importanza e l'influenza tecnologica, estetica e culturale che ha oggi. Mi riferisco ad artisti di spicco come Chagall e Modigliani. Sportivi eccezionali come Kopa, Platini e Zidane. Grandi artisti come Pacco Rabane o Kenzo. Tutto questo ha generato un capitale il cui valore è inestimabile.

Come è possibile che, con tutte queste richieste, si debba continuamente lottare contro i pregiudizi negativi nei confronti degli immigrati?
Con quattro milioni di disoccupati oggi, la Francia è un Paese che, con la globalizzazione e l'ascesa di nuove grandi potenze economiche, sta affrontando il declino, la perdita della propria identità nazionale... La tentazione di ripiegarsi su se stessi è grande. La persona che arriva con la sua cultura non è più vista come un'opportunità dalla maggior parte dei francesi. Sarebbe meglio riaprire il dibattito che, a mio avviso, è dovuto alla pigrizia intellettuale. Dico questo senza voler negare le difficoltà di integrazione che a volte possono sorgere. Perché, in realtà, l'attuale processo migratorio è insopportabile. Negarlo non serve a nulla. Dobbiamo affrontare la situazione. La Francia, patria dei diritti umani, è forte quando fa sentire la sua voce a livello universale. Credo quindi che sarebbe opportuno mettere in evidenza l'immigrazione, nelle istituzioni, nell'insegnamento, nella produzione cinematografica... Non per farne il vettore centrale e unico della nostra narrazione nazionale, ma una parte integrante del nostro discorso repubblicano.

(1) Benjamin Stora, La Guerre d'Algérie expliquée en images, ed. Seuil, 2014.

Fonte: http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RSt201412/141215storafran%E7ois.pdf

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