I Paesi migliorano le loro leggi, erigono nuovi muri, creano barriere e si chiudono in se stessi, lasciando fuori la popolazione "usa e getta".
13.08.2017
Nelle ultime settimane/mesi, lo scenario migratorio nel Mar Mediterraneo è cambiato. La rotta tra la Libia e l'Italia meridionale è stata sottoposta a una serie di restrizioni. Il governo italiano sta controllando più da vicino le traversate dei migranti. Inoltre, richiede alle organizzazioni non governative (ONG) di firmare un documento chiamato "codice di condotta", sottoponendosi a queste restrizioni. Almeno un'imbarcazione è stata sequestrata dalle forze dell'ordine italiane, mentre un sacerdote è stato accusato di favorire l'immigrazione. Inoltre, alcune di queste ONG sono state addirittura accusate di "favorire il traffico di immigrati clandestini", secondo un servizio televisivo locale. Per questo motivo, la presenza di uomini armati sulle imbarcazioni che vanno in soccorso di potenziali "naufraghi" sta diventando sempre più comune.
Sul versante libico, la situazione non è migliore per coloro che cercano un futuro più roseo. Nuovi personaggi si affacciano sulla scena. In un Paese diviso in tre governi diversi e controversi, le forze di polizia cercano di bloccare le partenze di massa degli immigrati. Da un lato, chiedono che le imbarcazioni straniere rimangano sempre più lontane dalle coste del Paese; dall'altro, hanno costretto alcuni barconi carichi di persone in cerca di Europa a tornare indietro. Per quanto riguarda il vecchio continente europeo, le sue autorità sembrano tirare il fiato. Dopo tutto, dal punto di vista europeo, l'Italia sta "facendo i compiti a casa".
I risultati non si sono fatti attendere. Il numero di immigrati entrati in Italia nel mese di luglio è diminuito di quasi 50% rispetto a giugno, ed è diminuito ancora di più nel mese di agosto. Si stima che entro la fine del 2017 il numero di immigrati sarà inferiore a quello del 2016. Intrappolate in territorio libico, le persone in fuga da Sud Sudan, Afghanistan, Guinea, Nigeria, Etiopia ed Eritrea - tra gli altri Paesi - sono tenute in ambienti chiusi e in condizioni estremamente precarie. Si dice che molti trascorrano giorno e notte sulle proprie feci, altri vengono "offerti" come lavoratori schiavi. Malattie, fame e sete si diffondono, colpendo soprattutto i più piccoli e indifesi.
Non bisogna dimenticare che anche l'altra rotta, quella balcanica, è bloccata. Un accordo stipulato nel 2016 tra Europa e Turchia trattiene i migranti in quest'ultimo Paese. Per non parlare dei muri eretti in Serbia, Macedonia, Austria e così via. La logica sembra chiara: prima è stata inasprita la legislazione sulla migrazione, con passaporti, visti e tutto quanto aggiornato. Una volta chiusa la via legale, i migranti hanno rischiato tutto prendendo strade alternative, premendo sulle frontiere, via mare (Nord Africa), attraverso il deserto (Messico e Stati Uniti) o attraverso le foreste (Venezuela, Colombia e Brasile). Ora si cerca di impedire con ogni mezzo l'uso massiccio di questa via alternativa.
I Paesi migliorano le loro leggi, erigono nuovi muri, creano barriere e si chiudono in se stessi, lasciando fuori la popolazione "usa e getta". "Usa e getta" è il termine usato più volte da Papa Francesco per riferirsi ai poveri e agli esclusi, che non hanno nemmeno la "fortuna" di essere sfruttati dal sistema capitalistico neoliberale, e quindi di riceverne una piccola briciola. Ma è anche l'espressione usata dal Documento di Aparecida. Letteralmente: "La globalizzazione senza solidarietà colpisce negativamente i settori più poveri. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell'oppressione, ma di qualcosa di nuovo: l'esclusione sociale. Con essa, l'appartenenza alla società in cui si vive viene colpita alla radice, perché non si è più in basso, alla periferia o impotenti, ma fuori. Gli esclusi non sono solo sfruttati, ma persone che vengono lasciate in disparte e sono usa e getta" (DP, n. 65).
Fonte: http://migramundo.com/os-impasses-na-rota-mediterranea-e-o-impacto-sobre-os-migrantes/
